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IL LUOGO DELL' AGGUATO

La prima menzione esplicita di Tecchiena è antica di oltre otto secoli e mezzo. La leggiamo negli Annales Ceccanenses, che, sotto l'anno 1122, notano « Ticclena cremata est ». Dunque, si trattava di un luogo abitato e, anche, in qualche modo fortificato. Da quanto tempo, non è possibile stabilirlo; ma si può ragionevolmente supporre che ciò avvenisse almeno fin dal secolo precedente: una comunità, sia pure piccola, non nasce ne si organizza dall'oggi al domani.
Avveniva cosi pure nell'alto medioevo, quando le esigenze degli uomini erano molto modeste, ma non per questo inesistenti.
Si potrebbe perciò ipotizzare che l'insediamento avesse luogo dopo il fatidico anno mille, allorche le popolazioni del Lazio meridionale, liberate finalmente dall'incubo delle ricorrenti scorrerie dei Saraceni, si decisero a uscire dai loro rifugi arroccati sui dirupi dei monti, per muovere alla conquista dello spazio: scesero allora verso le ubertose e promettenti pianure, in cerca di acqua e di pane. Era giunto il momento di riscattarsi dalla fame!
Infatti, non vi sono, in Tecchiena, ruderi che in qualche modo documentino l'esistenza d'un antico maniero capace di sostenere l'urto di quelle incursioni.
Comunque, già nel 1130 vi è testimoniata l'esistenza d'una chiesa, intitolata a San Silvestro. Quindi, una comunità civile e religiosa in qualche modo organizzata.
Ma in quale forma? Pensiamo si trattasse di un minuscolo feudo, il cui signore o castellano aveva affermata la propria autonomia ai danni d'un feudatario più grande di lui.
Il fatto stesso della distruzione, di cui non vengono neppure accennate le cause, è in se stesso molto eloquente. Tecchiena godeva di una sua autonomia, ma non pienamente affermata e meno ancora riconosciuta, cosi da costituire, fin da allora, un pomo di discordia e una preda agognata, crediamo tra Alatri e Ferentino.
Tecchiena, peraltro, a nostro avviso, porta scritta, nel nome o toponimo, una storia molto più antica. I documenti più vetusti ricordano un castello di Tecchiena, un San Silvestro di Tecchiena, una tenuta o « tenimentum» di Tecchiena.
Ma, originariamente, quale luogo portò il nome di Tecchiena?
Nelle pergamene più antiche, troviamo scritto Teclena, Tecclena, Ticclena, Techena, Tecchena.
E', questo, un toponimo sicuramente apparentato alla voce latina « techna », che già Plauto e Terenzio usavano per indicare un'astuzia, una frode, e che può significare anche artificio, trappola, agguato. Si, da un punto di vista militare, il triangolo formato dalle pendici dei monti Reo, Radicino e Monticchio, è un luogo ideale per tendere un agguato o delle insidie.
Ancora oggi, nel fondo valle tra i monti Reo e Radicino, corre una via che, fin dall'antichità romana, conosciamo frequentata, quale deviazione della Via Latina (l'odierna Casilina), da chi, partendo da Ferentino, si recava a Veroli.
 La valle è strettissima, e più ancora doveva esserlo in un tempo in cui una fitta boscaglia ricopriva le pendici dei due monti.
Prima che la via esca nella pianura, vi si para innanzi il Monticchio, appena una collina, isolato, a forma di cono, probabilmente di origine vulcanica, che s'innalza sulla circostante pianura di soli 55 metri, appunto un Monticchio , come il popolo ha pittorescamente tradotto il termine latino monticulus , a differenza dei dotti che lo avrebbero sicuramente detto Monticello .
Crediamo perciò che, in origine, precisamente il triangolo sopra ricordato ottenesse la denominazione di
Technena (da techna), che poi si trasformò in Teclena, Tecchena, Tecchiena o, come fino a ieri il popolo diceva, Ticchiena.
Se l'etimologia del toponimo è esatta, esso potrebbe denunciare una piaga antica quanto l'uomo: quella della insicurezza delle strade ovverossia un capitolo della storia che non osiamo dire umana, poiche non testimonia altro che i misfatti dello  homo homini lupus.
Ma c'è da credere che il toponimo nacque per eternare (è, questo, un privilegio quasi esclusivo dei toponimi!) un famoso evento storico. Infatti, sempre se l'etimologia è esatta, esso ci riporta a un tempo in cui si parlava il latino, e, dal momento che  techna appartiene alla terminologia militare, forse va riconnesso alle guerre che, nel quarto secolo avanti Cristo, i Romani combatterono contro gli Ernici secessionisti.
Nei libri delle sue Storie (lib. VII, cap. 6), Tito Livio narra della disastrosa disfatta del console plebeo L. Genucio (362 a.C.), dovuta al fatto che  in insidias praecipitaret . Quindi, l'anno seguente, ricorda la presa di Ferentino da parte dei consoli C. Licinio e C. Sulpicio (lib.VII, cap. 9). La vicinanza dei due luoghi suggerisce l'allettante ipotesi che il punto preciso dell'agguato pote essere la lingua di terra confinante con le pendici dei tre monti: Tecchiena, appunto.
Le cose, allora, si sarebbero svolte in questo modo.
Il console Genucio, non potendo avere ragione della fortezza ciclopica di Ferentino, si sarebbe incautamente spinto verso Alatri e Veroli, le cui truppe gli avrebbero teso il famoso agguato o techna nel luogo che, a ricordo della clamorosa disfatta, gli stessi vinti battezzarono con quel nome, che è un termine tecnico e colto in uso presso l'aristocrazia politica e militare di Roma.
Ma questa è solo un'ipotesi, e nulla più.

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